La naturale maestosità di uno scenario montano si impone quasi a dimostrazione che il tentativo futurista di inventare una nuova sintassi del reale funziona solo in atmosfera mentale. Il paesaggio è scomposto, infatti, naturalmente, lungo le sue fratture geologiche, senza bisogno di artificiali sovrapposizioni vettoriali. La profondità di campo, che spinge in alto la linea dell’orizzonte, è accentuata dall’anello formato dalle due anse del torrente ed è riempita da una plastica vibrantemente volumetrica, resa con pennellate festanti e pastose che ricordano per certi versi il primo Kandinskij. L’esaltazione dei valori cromatici forza al limite l’assonanza naturalistica, travolta da quella “violenza espressionista del post-impressionismo” identificata da Lamberto Vitali nella presentazione che accompagna nel 1934 l’esposizione alla Galleria delle Tre Arti di opere di Sassu, Manzù e Grosso.